Capitale Donna: perché la Finanza non è un mestiere (solo) da uomini

Nonostante i progressi degli ultimi decenni, il 60% delle donne ritiene che gli uomini abbiano ancora grande predominanza nel mondo degli investimenti: servono maggiore consapevolezza, fiducia e un accesso più diffuso all’informazione.

Capitale Donna, la campagna a cura di Scai Comunicazione ed Equity Crowdfunding News, si pone proprio questo obiettivo: favorire l’ingresso delle donne nel mondo degli investimenti attraverso l’informazione e la formazione, promuovendo un clima più equo in cui per le donne esistano lo spazio e gli strumenti per investire, in se stesse e nei propri progetti.

Qonto ha con piacere deciso di sostenere l’iniziativa, cogliendo l’occasione per parlare con Silvia Favulli, Project Manager & Equity Crowdfunding Expert di Scai Comunicazione, che ha condiviso con noi il suo punto di vista di divulgatrice finanziaria e di donna, tracciando i contorni di un mondo - quello degli investimenti - in cui si fa fatica a riconoscere alle donne un ruolo non marginale ma in cui si comincia tuttavia a scorgere anche qualche segnale di speranza.

Perché la Finanza, sia chiaro, non è affatto solo un mestiere da uomini. 

Partiamo dai numeri.

Secondo un’indagine condotta a gennaio 2021 da J.P Morgan su un campione di quasi 4.000 donne europee fra i 30 e i 60 anni, meno di una donna su 5 investe regolarmente rispetto a più di tre quarti che risparmiano regolarmente.

Solo il 18% del campione intervistato, dunque, investe. Mentre quasi l’80% preferisce risparmiare, e lo fa in modo regolare e sistemico.

Un dato significativo, che diventa ancora più interessante se si analizzano le risposte date da questo 80% di risparmiatrici alla domanda: “cosa potrebbe indurti a investire in futuro?” La risposta è univoca per un terzo delle intervistate: essere in grado di risparmiare regolarmente piccole somme, suggerendo dunque di essere più alla ricerca di un prodotto di investimento che assomigli e si comporti più come un prodotto di risparmio.

Un profilo di investitrici caute che trova conferma anche nell’analisi condotta da Moneyfarm lo scorso marzo, in occasione dell’International Women Day, su un campione di oltre 80.000 clienti attivi. Se per tutti l’obiettivo generale di un investimento è far crescere il patrimonio nel tempo, quando si entra nelle finalità specifiche le donne che investono per la pensione sono quasi il doppio rispetto agli uomini; quelle che investono per proteggersi dalle conseguenze dell’inflazione sono il 55% in più.

Il divario retributivo fra uomini e donne in UE, nel 2020, era pari al 13% - con significative differenze per Paese che portano l’Italia solo apparentemente a rappresentare un caso virtuoso. Se infatti l’Eurostat rileva in Italia un pay gap del 4,2%, non denuncia l’enorme differenza fra il settore pubblico - altamente normato - e quello privato, che tocca punte sicuramente più elevate, che si innalzano quando si fa riferimento specificatamente alle donne in possesso di un titolo di laurea.

“Per spiegare perché le donne non investono occorre fare un passo indietro.

Prima di tutto è un problema di scarsa educazione finanziaria, ma questo è un tema più generale, che non riguarda solo il settore femminile ma anche quello dei più giovani; si pensi che l’Italia occupa il penultimo posto in merito tra i Paesi del G20.

Sul target femminile pesano anche altri fattori e fra questi sicuramente c’è il potere economico, spesso ridotto o comunque inferiore rispetto al target maschile, e la diversa e spesso parziale autonomia nella gestione del patrimonio personale e famigliare.” - spiega Silvia Favulli.

L’analisi condotta da Moneyfarm citata qualche riga fa rileva anche un altro aspetto interessante: a cambiare, fra uomini e donne, è anche il livello di interazione con i consulenti d’investimento - decisamente minore nel caso del target femminile.

In parte, questo si potrebbe spiegare con una maggiore fiducia riposta dalle donne nei propri consulenti. Dall’altra potrebbe far emergere un diverso approccio della consulenza nei confronti del target maschile e di quello femminile.

In ogni caso, sembra che anche da questo punto di vista gli stereotipi di genere influenzino le regole in campo e che uomini e donne si trovino a giocare una partita differente.

Come emerso da un’indagine condotta dal Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, nello scenario collettivo le donne appaiono motivate a guadagnare principalmente ai fini di un progetto di vita familiare e relazionale, mentre i soldi non sono importanti per realizzare il proprio successo e valorizzare la propria identità. E a quest’immagine stereotipata si associa l’idea di una peggiore performance delle donne nei confronti del denaro.

“Ciò non toglie, ovviamente, che ci sia anche della consulenza per così dire buona e che anche in Italia ci siano delle organizzazioni che vanno in una direzione contraria: piattaforme di crowdfunding interamente gestite da donne come Doorway oppure associazioni di business angels femminili che investono in startup fatte da donne.

Qualcosa si muove, insomma.

Ma rimane ancora tanto da fare per normalizzare il connubio donna e finanza.”

Cosa fare, quindi?

“Noi ci occupiamo di comunicazione, Fintech e innovazione per cui per prima cosa rispondo: parlarne. E parlarne a prescindere”- conclude Silvia Favulli.

“Con Capitale Donna noi ci rivolgiamo al target delle donne ma è bene che in generale ci sia una maggiore informazione sul mondo degli investimenti e del Fintech. Serve normalizzare la comunicazione, renderla più accessibile e parlare della finanza a 360 gradi, non solo come rischio ma anche come opportunità.

Servono sensibilizzazione e consapevolezza e serve un cambiamento di tipo culturale, anche da parte della consulenza. Senza dimenticare il ruolo attivo delle donne, che per prime devono comprendere di avere tutti i requisiti per entrare a fare parte del mondo degli investimenti, non più esclusivo appannaggio dell’universo maschile”.

A questo link maggiori informazioni sulla campagna Capitale Donna.