Venture capital: investire nelle persone prima che nei numeri

Nel mondo del venture capital, dove fogli di calcolo e proiezioni finanziarie dominano le decisioni di investimento, Roberto Sfoglietta ha scelto una strada diversa. Mentre molti investitori si concentrano su metriche consolidate e business plan dettagliati, il CEO di Ventive ha fatto dell'intuizione umana il suo principale strumento di valutazione.

Ventive, main partner di PowerUp, l'iniziativa di Qonto dedicata alle startup, si distingue nel panorama degli investimenti early-stage per la sua filosofia innovativa. Dal 2019, questa realtà investe nelle fasi di pre-seed e seed, dove spesso le metriche sono ancora acerbe ma il potenziale umano può fare la differenza.

Abbiamo incontrato Roberto Sfoglietta per approfondire questa filosofia innovativa e scoprire come valutare il potenziale quando i numeri non raccontano ancora tutta la storia.

Come nasce Ventive e qual è la filosofia che vi distingue nel panorama del venture capital italiano?

Ventive nasce nel 2019 da un’intuizione personale. Dopo aver vissuto da vicino il mondo delle startup, prima come founder e poi come advisor, mi sono reso conto che in Italia mancava un approccio più diretto, trasparente e umano al venture capital, soprattutto nelle fasi iniziali.

Così ho deciso di creare Ventive: una realtà che investe prima nelle persone e poi nei numeri, partendo da una convinzione semplice ma potente: il talento, se supportato nel modo giusto, può creare valore prima ancora che esistano metriche consolidate.

La nostra filosofia si basa su un coinvolgimento attivo: non siamo semplici investitori, ma partner operativi fin dai primi passi. Crediamo nel valore dell'esecuzione, nel potenziale delle nuove generazioni e nella capacità di costruire qualcosa di grande anche partendo da zero.

Ventive investe nelle fasi di pre-seed e seed, dove spesso mancano metriche consolidate. Come valutate il potenziale di una startup quando i numeri non raccontano ancora tutta la storia?

Quando i numeri non ci sono o sono troppo acerbi per parlare da soli, guardiamo tutto quello che c’è prima dei numeri. Cioè le persone, la visione e la capacità di portarla avanti con concretezza.

Analizziamo il contesto, il problema che la startup vuole risolvere, quanto questo problema è sentito dal mercato e se esiste già un segnale, anche minimo, che qualcosa sta funzionando. Ma soprattutto osserviamo il team, come comunica, come ragiona, quanto è capace di ascoltare e reagire rapidamente.

In queste fasi iniziali, l’attitudine vale più del business plan. Vogliamo capire se chi abbiamo davanti ha la mentalità giusta per costruire, testare, imparare e crescere. Perché i numeri arriveranno, ma servono le persone giuste per generarli.

Puoi spiegarci meglio questa filosofia? Quali sono le caratteristiche che cercate in un founder?

La nostra filosofia è molto semplice: le idee possono cambiare, i prodotti si modificano, ma le persone restano. Per questo scegliamo di investire prima nei founder e solo dopo nel loro progetto.

Cerchiamo persone che abbiano una motivazione profonda, che non dipenda solo da un’opportunità di business. Founder con una visione chiara, ma che non vivano di ego. Che sappiano mettersi in discussione, cercare feedback e migliorare rapidamente.

Valutiamo anche la capacità di execution, la resilienza, e il modo in cui affrontano la pressione. 

L'ecosistema delle startup italiane sta evolvendo rapidamente. Come è cambiato negli ultimi anni l’approccio di Ventive agli investimenti e cosa vi aspettate dal futuro?

Negli ultimi anni l’ecosistema italiano è cresciuto molto in termini di maturità, ambizione e qualità dei progetti. Anche l’attenzione verso il venture capital è aumentata, ma le sfide non sono mancate: in un contesto in cui molti hanno rallentato, Ventive ha continuato a investire e crescere.

Il nostro approccio si è adattato. Abbiamo ampliato il nostro network, rafforzato il supporto operativo alle startup e aperto una sede a Milano per essere ancora più presenti. Abbiamo anche spinto su operazioni più strutturate, mantenendo però sempre l’attenzione alle fasi early-stage.

Guardando avanti, mi aspetto un ecosistema più aperto all’innovazione e alla contaminazione internazionale. Il nostro obiettivo è chiaro: aiutare founder italiani ad avere impatto, non solo in Italia ma anche in Europa. E Ventive sarà al loro fianco per farlo.

Quali sono gli errori più comuni che i founder commettono nelle fasi iniziali e come li aiutate a superarli? Ci puoi raccontare un caso di successo che esemplifica il vostro approccio?

Uno degli errori più comuni è pensare che tutto debba essere perfetto prima del lancio. Molti founder restano troppo tempo chiusi a sviluppare il prodotto, senza testarlo davvero. Serve validazione - cioè testare il prodotto con clienti reali per verificare che risolva davvero un problema e che le persone siano disposte a pagarlo - e la capacità, non scontata, di saper ascoltare il cliente. Altre volte invece i founder cercano fondi troppo presto, con aspettative non realistiche.

Noi lavoriamo con loro per semplificare, per far emergere la sostanza e portare il progetto sul mercato nel modo più rapido e concreto possibile. Li aiutiamo a raccogliere feedback, validare ipotesi, strutturare roadmap credibili e migliorare il pitch.

Un esempio concreto è il caso di You Start, una startup che si è rivolta a noi proprio in questa fase delicata. Abbiamo lavorato fianco a fianco alla creazione del loro business plan, traducendo l’idea in numeri, scenari e obiettivi chiari. Successivamente li abbiamo accompagnati passo dopo passo nel percorso di raccolta, aiutandoli a strutturare la documentazione necessaria e a presentarsi agli investitori con la giusta narrativa.

Il risultato? Sono riusciti a chiudere con successo il loro aumento di capitale, un traguardo che ha dato loro la spinta necessaria per crescere e validare ulteriormente il modello di business. Questo caso dimostra bene il nostro approccio: 

Che consiglio daresti ai founder che si stanno preparando per un round di pre-seed o seed? Come dovrebbero presentarsi per conquistare la fiducia degli investitori quando il prodotto è ancora in fase di sviluppo?

Il primo consiglio è: focalizzatevi su voi stessi, non solo sul prodotto. Raccontate chi siete, perché state costruendo questa startup, cosa vi spinge a farlo ogni giorno.

Mostrate che avete capito il problema, che avete parlato con gli utenti, che state costruendo qualcosa perché c’è un’esigenza reale. Anche se il prodotto è solo una bozza, avere le idee chiare e i primi segnali dal mercato - come interesse concreto da potenziali clienti, lettere di intenti, pre-ordini o feedback positivi da test pilota - fa la differenza.

Un altro aspetto chiave è la trasparenza: preferisco sentirmi dire “non lo so ancora” ma spiegare come lo scoprirete, piuttosto che fingere di avere già tutte le risposte.

Infine: preparate un team complementare, anche solo come advisory. Nessuno investe su un founder isolato. La fiducia si conquista così: mostrando preparazione, umiltà e voglia di costruire insieme.