I dati diffusi da Confartigianato in occasione della recente Convention di Donna Impresa parlano chiaro: serve una svolta culturale per sostenere il lavoro e l’imprenditoria femminile in Italia.
Ad aiutarci a cogliere la dimensione del problema sono gli stessi numeri: siamo all’ultimo posto nell’UE per il tasso di occupazione delle donne fra 25 e 49 anni in coppia e con figli a carico (58,1%) e il 71,2% dei NEET under 35 (Not in Education, Employment or Training) sono giovani donne che non studiano, non lavorano e non cercano occupazione.
Nonostante questi ostacoli, però, alle donne italiane non manca certo l’intraprendenza.
Secondo i dati pubblicati a gennaio da InfoCamere, erano 2.000 le startup innovative femminili registrate alla fine di settembre 2022, il 40% in più rispetto a settembre 2019, e la crescente propensione delle donne a impegnarsi in settori imprenditoriali più innovativi, a tradizionale prevalenza maschile, è un segnale positivo e incoraggiante, che rende ancora più urgenti misure strutturali stabili, in grado di favorire la piena e duratura partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Di questo, ma non solo, abbiamo parlato con Deborah Poinelli, CEO & Consulente Fiscale in ConSol, società di elaborazione contabile e fiscale specializzata nella gestione delle imprese digitali. Con lei abbiamo discusso di cosa significa essere oggi un’imprenditrice e una madre in Italia e ci siamo soffermati sul diverso approccio al business delle donne rispetto agli uomini, tra fattori antropologici e condizionamenti socio-culturali.