Che potere hanno le parole?
Può il content marketing essere più umano? La storia di Zero Contenuti
Un potere enorme, e possono fare la differenza.
Nasce da questo presupposto l’idea di fondare Zero Contenuti, un’agenzia di Content Marketing che fa della qualità e della verticalità i propri valori fondanti.
Flavia Scerbo Iose, foundress e CEO di Zero Contenuti, è stata una delle protagoniste di StrongHer Talks, il video-podcast di Qonto dedicato alle donne che fanno impresa in Italia (qui il link alla puntata): oggi con lei parliamo di Intelligenza Artificiale, di Content Marketing e di arte. Ma anche di come il fattore umano sia fondamentale non solo per fare contenuti ma anche - e soprattutto - per fare startup.
Zero Contenuti
Zero Contenuti: chi siete di cosa vi occupate?
Zero Contenuti è un’agenzia di Content Marketing che, attraverso il potere delle parole, migliora la visibilità online di società, brand e liberi professionisti. Partendo da contenuti testuali SEO oriented, offriamo un bacino di servizi particolarmente ampio, andando a curare quella che è la brand proposition e/o identity e il personal branding dei nostri vari clienti.
Tutto ciò viene fatto in lingua italiana e straniera, prestando sempre particolare attenzione a quelle che sono le esigenze dell’utente e le prerogative del nostro cliente. Siamo dell’idea che la parola ha un importante peso e, per questo, se utilizzata correttamente, può essere un polo attrattivo fortissimo.
Intelligenza: artificiale o umana?
Investire sull’intelligenza umana nell’epoca dell’intelligenza artificiale: perché è una scelta vincente?
Quando ho deciso di fondare Zero Contenuti ho scelto di andare contro corrente sin da subito.
Avendo lavorato tanto nelle grandi web agency quanto nelle piccole, ho notato che la differenza, agli occhi dei clienti, non è la quantità di materiale che si riesce a produrre, ma la qualità dello stesso.
Il lancio di Chat GPT, lo scorso anno, ha agevolato notevolmente i flussi, la produzione e la gestione dei progetti ma ha anche, secondo me, abbassato i livelli di approfondimento, empatia, umanità di ciò che viene poi messo online.
Per questo, ricevendo anche feedback e richieste specifiche da parte dei clienti - che per ovvie ragioni si rifiutano di pagare una content agency per produrre contenuti che possono essere serenamente creati da loro stessi, in autonomia e a costo 0 - ho spinto ancora di più sul valore aggiunto della mente umana.
Siamo quindi diventati un’agenzia rara, una che rispecchia a pieno la definizione di qualità, che è capace di spremere le meningi prima di stilare un piano editoriale e, soprattutto, una che riesce a vestire i panni dei propri clienti dando loro la maggiore luce possibile.
Come si fonda una startup?
Nella tua esperienza di foundress, qual è la cosa più importante quando si fonda una startup?
Le persone con cui si fa startup. Non c’è imprenditore o imprenditrice che possa avere vita lunga se non è in grado di trovare un gruppo di persone che creda in lui o in lei, e nella sua idea.
Spesso si pecca di arroganza, ci si auto-elogia, credendo che basti solo la propria persona per poter arrivare in alto. Questo, secondo me, è uno degli errori più gravi che un imprenditore possa fare, soprattutto al giorno d’oggi, in cui la differenza tra chi è e chi dice di essere è palese.
Ecco perché in questo primo anno ho impiegato davvero tanto tempo nel capire quali risorse assumere per Zero Contenuti, quale ruolo dare loro e, soprattutto, come farle sentire parte attiva della società. Tengo molto a questo aspetto e sono ogni giorno sempre più riconoscente nei confronti di chi ha, nel corso del tempo, scelto di starmi vicino e aiutata nel dare vita a quella che è oggi la nostra realtà.
Non basta l’idea. Non basta il talento. Non basta un flusso di cassa in attivo per fare impresa.
Differenziare il business
Zero Arte è un sottobrand di Zero Contenuti: di cosa si occupa e perché è importante essere capaci di differenziare il proprio business?
Il mondo corre e quello del digital ancora di più.
Oltre al (non) problema dell’intelligenza artificiale ho riscontrato sin da subito quello dell’eccessiva concorrenza.
Era necessario puntare su tre principali fattori: risorse di qualità eccelsa, progetti sartoriali e una verticalità che ci rendesse riconoscibili. Ho quindi suddiviso il mio business: da un lato fashion, finance, legal, digital/tech e real estate; dall’altro solo history&art.
Come ha sintetizzato uno dei miei più cari amici, quello dell’arte, della storia e della cultura più in generale è un blue sea e abbandonarlo a sé stesso, senza dar modo ai più di conoscerlo, è una chiara follia.
Partendo quindi dal potere del web, è nato Zero Arte brand: unendo le nostre competenze digitali a quelle storico-artistiche supportiamo gallerie, artisti, case d'asta, enti e riviste storiche nel migliorare la propria comunicazione online. Ad oggi gestiamo, infatti, podcast di indirizzo storico, siti web di galleristi e pagine social di importanti artisti milanesi.
StrongHer by Qonto
StrongHer, un anno più tardi: cosa porti ancora con te di questa esperienza?
StrongHer (il business training di Qonto dedicato alle donne che fanno impresa) è stato il primo network a cui ho partecipato come foundress di Zero Contenuti.
Oltre alla formazione, mirata e specifica, ho avuto modo di entrare a fare parte di un ecosistema di giovani imprenditrici a cui poter chiedere e con cui potermi confrontare. È stata un’esperienza fantastica, declinata poi in un anno di attività, eventi e occasioni di scambio continuo.
Grazie a StrongHer e a Qonto sono cresciuta molto e ho, senza dubbio, imparato che una solida rete di validi contatti è essenziale se si vuole costruire un business sano e forte.