Tempo di cambiare aria: rimuovere l’inquinamento con Bufaga

Utilizzare le auto per liberare l’aria dalle polveri sottili? Si può fare, parola di Bufaga.

Ne abbiamo parlato con Serena Mignucci, Co-founder e CEO della startup finalista della seconda edizione di PowerUp!, la call per startup organizzata da Qonto per supportare l’ecosistema di innovazione italiano.

Una missione ambiziosa ma precisa, quella di Bufaga, lasciare alle generazioni future un pianeta più pulito. E un approccio a 360 gradi al problema delle polveri sottili: rimuoverle, misurarle, riciclarle.

Con Serena Mignucci abbiamo parlato del valore del networking per la crescita del business e di come il successo di una startup dipenda anche dalla capacità di creare un team che condivida gli stessi valori. E abbiamo discusso di gender gap e di come gli stereotipi di genere ancora oggi influenzino la vita delle donne, a partire dalla scelta del percorso di studi fino all’esperienza della maternità e della paternità.

Una cosa è certa: perché le cose possano cambiare, ognuno è tenuto a fare la propria parte.

Fin da piccola sono stata molto sensibile alle questioni ambientali. 

Crescendo, ho deciso che nella vita avrei voluto contribuire in maniera concreta a risolvere le più grandi sfide del Pianeta. Così, ho scelto di iscrivermi alla facoltà di Ingegneria Civile e Ambientale, specializzandomi poi in Ingegneria Ambientale: mi sembrava la facoltà che mi avrebbe permesso di avere l’impatto più forte e concreto dal punto di vista della sostenibilità.

Ho sempre pensato che avrei fatto la ricercatrice, ma quando ho conosciuto il mondo delle startup grazie ad un programma all’università, ho capito che in realtà la mia strada avrebbe potuto essere proprio quella.  

In entrambi i casi si fa innovazione, ma nel contesto delle startup bisogna essere veloci e mettere in piedi una soluzione vendibile sul mercato, che abbia cioè un risvolto molto pratico, altrimenti si fallisce. In più una startup ti permette di realizzare qualcosa di tuo, in cui credi e che rispecchia tuoi valori e la tua missione.

Hai in mano il timone, ma ovviamente il prezzo da pagare è un rischio elevato.

La missione di Bufaga è ambiziosa, ma precisa: vogliamo ridurre l’inquinamento atmosferico e lasciare un mondo migliore alle generazioni future.

Come? Agendo sulle polveri sottili, che degradano la qualità dell’aria e hanno impatto immediato sulla salute. Rimuovendole, misurandole e poi riciclandole.

Abbiamo sviluppato un dispositivo smart che può essere montato sul tettuccio di qualsiasi mezzo di trasporto ed è in grado sia di monitorare sia di rimuovere l’inquinamento atmosferico mentre il veicolo si sposta. 

In poche parole, durante il viaggio, il dispositivo trattiene le polveri sottili presenti nell’aria esterna rendendo i veicoli un mezzo in grado di ripulire l’aria delle nostra città.

Ma il nostro impegno è anche quello di dare una seconda vita alle polveri sottili che raccogliamo: le ricicliamo per produrre cemento rinforzato insieme ai filtri che utilizziamo per catturarle.

L’idea alla base di Bufaga è nata durante un hackathon (n.d.r. una competizione in cui esperti collaborano per sviluppare nuove idee di business in pochissimo tempo) della EIT Climate-Kic focalizzato sull’inquinamento atmosferico, quando ero ancora all’università. Ho poi ripreso in mano il progetto dopo la laurea, portandolo avanti parallelamente al lavoro da dipendente.

Ci sono state diverse battute d’arresto, ma non mi sono arresa.

Nel 2022, sono stata selezionata per Empow(h)er, un programma dedicato all’imprenditoria femminile e mi sono ritrovata al Demo Day a presentare il progetto alle persone più importanti dell’ecosistema startup italiano.

Finalmente sembrava concretizzarsi tutto ma, in realtà, stavo attraversando quel traguardo tanto ambito senza la cosa più importante per una startup: un team.

È stato fondamentale entrare in Dock3, startup lab che ogni anno riunisce 100 persone che sono alla ricerca di co-founders per portare avanti un progetto imprenditoriale. È qui, infatti, che ho conosciuto i miei soci.

Dopo poco ci siamo costituiti come startup innovativa, abbiamo sviluppato il primo prototipo, firmato i primi accordi commerciali e chiuso il primo round di investimento.

A febbraio dello scorso anni ho dato le dimissioni dal mio posto di lavoro a tempo indeterminato per dedicarmi full-time alla guida della startup.

Stiamo attualmente testando i prototipi con i nostri primi clienti.

L'obiettivo principale in questa fase è validare e ottimizzare la tecnologia in ambiente reale e di laboratorio.

La sfida più grande?

Sicuramente la burocrazia dietro la conformità di prodotto. Cioè ottenere tutte le certificazioni necessarie per circolare con il dispositivo sulle strade pubbliche di tutta Europa. E i tempi per collaborare con la pubblica amministrazione. 

Ho sempre dato molto valore al networking, le persone che ho conosciuto in questi anni mi hanno dato spunti e feedback fondamentali per far crescere il progetto e arrivare qui dove sono oggi.

Anche per Bufaga è stato importantissimo, sin dall’inizio abbiamo preso parte a programmi ed eventi internazionali che ci hanno permesso di entrare in contatto con investitori, clienti, fornitori e altre startup. Questa rete si è tradotta in un primo investimento chiuso e in molte collaborazioni di business con aziende e realtà simili alla nostra.

Uno dei pilot che stiamo portando avanti ad esempio è in collaborazione con la startup innovativa MinervaS, che permette di monitorare ed evitare le emissioni di CO2 durante la guida. 

Sono certa che il networking continuerà ad avere un ruolo fondamentale, specialmente in una prospettiva di crescita della nostra realtà.

È qualcosa che in parte faccio fatica a comprendere perché nella vita sono stata fortunata e ho sempre pensato di poter fare qualsiasi cosa.

Sono nata in una famiglia di donne lavoratrici, mia nonna era un’insegnante e mi ha sempre spronato a studiare e a essere ambiziosa. Posso affermare di essere cresciuta ignorando totalmente la disparità di genere, circondata anzi da modelli femminili positivi, che mi hanno aiutato a comprendere il mio potenziale e a coltivarlo. Al di là di qualsiasi stereotipo.

La prima volta che ho sentito parlare di gender gap, e che ho iniziato a intuirne i presupposti e le implicazioni, è stato al liceo, leggendo un articolo sulla disparità salariale. Ricordo che ci rimasi molto male, la trovavo un’ingiustizia a cui faticavo a dare una spiegazione.

Oggi, purtroppo, mi è tutto più chiaro: viviamo in una società in cui persistono tanti stereotipi di genere legati al passato, e la stessa disparità tra maternità e paternità penalizza fortemente le donne sul lavoro. 

Non mi sorprende, quindi, che i retaggi culturali influenzino e frenino le ragazze che vorrebbero intraprendere una carriera in ambito scientifico. Lo vedo spesso io stessa con i miei occhi.

Penso che il punto fondamentale da cui partire per cambiare le cose sia convincere le ragazze che possono fare qualsiasi cosa, così come ne sono sempre stata convinta io. Comprendere il proprio potenziale è il punto di partenza per poter iniziare a pianificare, e poi agire. È lo stesso principio che sta alla base dello sport: uno sportivo che pensa di non riuscire a saltare un ostacolo non avrà mai successo.

Per questo motivo reputo fondamentale discutere di questo tema, stimolare, incentivare e fornire modelli femminili da seguire. E occorre partire dall’età scolare, quando le bambine iniziano a proiettarsi e immaginare loro stesse nel futuro.

Sì, da founder donna posso garantire che il gender gap si sente, specialmente nel settore automotive e dei trasporti. Purtroppo agli eventi dedicati all’imprenditoria ci sono sempre troppe poche donne e troppi bias di genere. Le persone fanno ancora fatica a pensare che una donna possa essere CEO o possa essere ingegnere.

Serve il contributo di tutti partendo proprio dai bias, iniziando a riconoscerli e a de-costruirli.

Io stessa mi prendo le mie responsabilità, nel CdA di Bufaga sono l’unica donna, motivo per cui la mia startup non è considerata “femminile” nonostante sia sempre stata io l’AD.

Il mio impegno è, quando avremo le risorse per allargare il team, quello di creare un ambiente quanto più diversificato ed inclusivo possibile. E questo non per dimostrare qualcosa o solo per assecondare qualche criterio di sostenibilità aziendale, ma perché credo sinceramente nel valore della diversità per promuovere un ambiente di lavoro innovativo e aperto a considerare una varietà di prospettive.

Allo stesso tempo, riconosco il grande talento delle donne nel mondo del lavoro, da loro ho imparato tanto in questi anni e spero di trovare sempre più imprenditrici donne con cui confrontarmi.