Esistono lavori da maschi e lavori da femmine?
La risposta, ovviamente, è no. Eppure la genderizzazione dei ruoli e delle carriere nella nostra società è un dato di fatto, ha origini culturali profonde e comincia sui banchi di scuola.
I dati, in fondo, parlano da soli.
Secondo una recente indagine di McKinsey&Company, solo il 22% degli addetti al settore Tech, in Europa, sono donne e nelle posizioni più ricercate come Cloud o DevOps la quota scende all’8%.
Numeri che certamente non sorprendono, se si tiene conto che solo il 38% dei laureati europei in materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) sono donne.
(Della necessità di avvicinare le bambine sin dall’età scolare allo studio delle materie STEM abbiamo già parlato con la notaia Giovanna dell’Erba, co-founder dell’associazione Il Cielo Itinerante, e con Chiara Cormanni, Presidente del Comitato Imprenditoria Femminile Camera di Commercio Milano Monza Brianza Lodi, a proposito del progetto STEAMiamoci, entrambe mentor di StrongHer by Qonto.)
Secondo le proiezioni di McKinsey, se l’Europa riuscisse a raddoppiare la quota di professioniste donne in ambito Tech, portandola a circa il 45% entro il 2027, ovvero circa 3,9 milioni di donne in più, potrebbe beneficiare di un aumento del PIL fino a 600 miliardi di euro.
Ma ovviamente non è soltanto una questione economica.